Società di fatto – L’esistenza si prova mediante presunzioni semplici – Nuova sentenza della Cassazione

La prova della sussistenza di una società di fatto può essere fornita dall’Ufficio con ogni mezzo, anche mediante presunzioni semplici. Il giudice deve valutare l’esteriorizzazione del vincolo sociale, cioè se i comportamenti posti in essere creino il ragionevole affidamento nei terzi dell’esistenza di una società.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 896, depositata il 17 gennaio 2020. Secondo la giurisprudenza consolidata della Cassazione, in tema di prova dell’esistenza di una società di fatto, nonostante nei rapporti interni, la costituzione del fondo comune e la c.d. affectio societatis, cioè la volontà di esercitare in comune una determinata attività economica, siano da considerarsi elementi essenziali ai sensi dell’art. 2247 cod. civ., nei rapporti esterni, l’esistenza del vincolo sociale può desumersi dalla sua mera esteriorizzazione.

In particolare – si legge nella sentenza – in tema di imposte sui redditi, ai fini dell’individuazione del soggetto effettivo titolare del reddito prodotto da una specifica attività economica, l’esistenza di una società di fatto può ben essere desunta da manifestazioni comportamentali rivelatrici di una struttura sovraindividuale indiscutibilmente consociativa, assunte non per una loro autonoma valenza, ma quali elementi apparenti e rivelatori, sulla base di una prova logica, dei fattori essenziali di un rapporto di società nella gestione dell’azienda, in quanto ciò che viene in considerazione non sono gli elementi essenziali del contratto di società (costituzione di un fondo comune ed "affectio societatis"), rilevanti esclusivamente nei rapporti interni, ma l’esteriorizzazione del vincolo sociale, rilevante nei rapporti esterni.

Per scaricare il testo della sentenza n. 896/202 clicca qui.

Le app per ordinare cibo e bevande non esonerate dagli obblighi di fatturazione e di certificazione dei corrispettivi

Con il Principio di diritto n. 3 del 6 febbraio 2020 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non costituisce "servizio elettronico" l’applicazione che consente di visualizzare l’offerta di ristoranti italiani affiliati ed effettuare ordini di cibo e bevande, poi consegnati direttamente al domicilio degli acquirenti (consumatori residenti in Italia).

Di conseguenza il suo utilizzo, con relativi (eventuali) costi addebitati ai consumatori, non può beneficiare dell’esonero dagli obblighi di fatturazione e di certificazione dei corrispettivi ma ricade nelle regole generali, e deve quindi essere documentato tramite fattura ex articolo 21 del decreto IVA (se richiesta dall’utente) o tramite memorizzazione elettronica ed invio telematico dei corrispettivi giornalieri in base all’articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.

Ritenute fiscali negli appalti: approvato il certificato di regolarità

Con il Provvedimento del 6 gennaio 2020 l’Agenzia delle entrate ha disposto l’approvazione dello schema di certificato di sussistenza dei requisiti previsti dal collegato fiscale alla Legge di Bilancio 2020 (art. 17-bis, comma 5, del Dlgs n. 241/1997), che permette alle imprese committenti di verificare il possesso di tali requisiti da parte delle imprese appaltatrici in materia di ritenute negli appalti over 200mila euro.
Il certificato, esente da imposta di bollo e dai tributi speciali, è messo a disposizione a partire dal terzo giorno lavorativo di ogni mese e ha validità di quattro mesi dalla data del rilascio.

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