AUTOTRASPORTATORI E CISTERNE GASOLIO – RETTIFICA

In un primo tempo è stata indicata quale data entro la quale effettuare gli adempimenti presso le Dogane quella del 1° maggio 2020, mentre la data corretta è quella del 1° aprile 2020 – ora il link contenuto nell’informativa n. 2  riporta correttamente la data.

Partite Iva: nel 2019 incremento del 6,4% rispetto all’anno precedente

Sul sito internet del Ministero dell’Economia e delle Finanze sono stati pubblicati i dati sulle nuove partite Iva. Nel corso del 2019 sono state aperte circa 545.700 nuove partite Iva, con un incremento del 6,4% rispetto all’anno precedente.

Il 72,9% di queste è stato aperto da persone fisiche, il 21,4% da società di capitali, il 3,6% da società di persone, l’1,8% da soggetti non residenti e lo 0,3% da altre forme giuridiche. Il 44% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 22% al Centro e il 33,7% al Sud ed Isole.

Il settore produttivo che mostra il maggior numero di aperture di partite Iva è il commercio (il 19,7% del totale), seguito dalle attività professionali (17,1%) e dall’agricoltura (9,6%). Rispetto al 2018 fra i settori principali si osservano consistenti aumenti di aperture per l’istruzione (+22,5%), attività professionali (+18%) e costruzioni (+12,4%). Gli unici settori principali in flessione sono l’agricoltura (-5,8%) e le attività manifatturiere (-0,1%).

Clicca qui per accedere al Comunicato Stampa del MEF.

Atto di rinuncia all’assegnazione della casa coniugale: nessuna esenzione dalle imposte

Con la Risposta n. 39 del 10 febbraio 2020 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che l’atto di rinuncia ed i conseguenti adempimenti fiscali, non essendo funzionalmente connessi alla risoluzione della crisi coniugale, non possono fruire dell’agevolazione di cui all’articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (esenzione da imposte di bollo, registro, ed altre).

L’articolo 19, chiariscono le Entrate, è infatti una norma speciale agevolativa di natura oggettiva che investe le convenzioni patrimoniali che hanno origine unicamente nella separazione e nel divorzio, ed opera esclusivamente in relazione alle attribuzioni patrimoniali funzionalmente connesse alla risoluzione della crisi della famiglia, che rappresenta il loro elemento qualificante.

Partite Iva: nel 2019 incremento del 6,4% rispetto all’anno precedente

Sul sito internet del Ministero dell’Economia e delle Finanze sono stati pubblicati i dati sulle nuove partite Iva. Nel corso del 2019 sono state aperte circa 545.700 nuove partite Iva, con un incremento del 6,4% rispetto all’anno precedente.

Il 72,9% di queste è stato aperto da persone fisiche, il 21,4% da società di capitali, il 3,6% da società di persone, l’1,8% da soggetti non residenti e lo 0,3% da altre forme giuridiche. Il 44% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 22% al Centro e il 33,7% al Sud ed Isole.

Il settore produttivo che mostra il maggior numero di aperture di partite Iva è il commercio (il 19,7% del totale), seguito dalle attività professionali (17,1%) e dall’agricoltura (9,6%). Rispetto al 2018 fra i settori principali si osservano consistenti aumenti di aperture per l’istruzione (+22,5%), attività professionali (+18%) e costruzioni (+12,4%). Gli unici settori principali in flessione sono l’agricoltura (-5,8%) e le attività manifatturiere (-0,1%).

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Transazioni commerciali – La Corte di Giustizia europea sanziona l’Italia per i ritardi della P.A. nei pagamenti alle imprese private

Con la sentenza Commissione/Italia (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento) (Causa C-122/18), pronunciata il 28 gennaio 2020, la Grande Sezione della Corte di Giustizia europea ha contestato all’Italia una violazione della direttiva 2011/7/UE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Lo Stato non ha, infatti, assicurato che le Pubbliche Amministrazioni, quando sono debitrici nel contesto di tali transazioni, rispettino effettivamente termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni di calendario, quali stabiliti all’articolo 4, paragrafi 3 e 4, di tale direttiva.
Decidendo sulla causa C-122/18, la Grande Sezione della Corte di Giustizia ha così sanzionato lo Stato italiano per il mancato rispetto dei termini di pagamento da parte della Pubblica Amministrazione nelle transazioni commerciali con imprese private.

Il giudizio si era aperto dopo varie denunce presentate alla Commissione da parte di operatori economici e associazioni di operatori economici italiani per i tempi eccessivamente lunghi in cui sistematicamente le Pubbliche Amministrazioni italiane saldano le proprie fatture per transazioni commerciali con operatori privati.
La Commissione ha dunque proposto ricorso per inadempimento contro l’Italia.

L’Italia, a propria difesa, sosteneva che la direttiva 2011/7/UE impone unicamente agli Stati membri di garantire, nella loro normativa di recepimento di tale direttiva e nei contratti relativi a transazioni commerciali, termini massimi di pagamento conformi all’art. 4 nonché di prevedere il diritto dei creditori, in caso di mancato rispetto di tali termini, a interessi di mora e al risarcimento dei costi di recupero. Dette disposizioni non imporrebbero, invece, agli Stati membri di garantire l’effettiva osservanza, in qualsiasi circostanza, dei suddetti termini da parte delle loro pubbliche amministrazioni.

La Corte ha respinto tale argomentazione dichiarando che l’art. 4 «impone altresì agli Stati membri di assicurare il rispetto effettivo, da parte delle loro pubbliche amministrazioni, dei termini di pagamento da esso previsti».
In considerazione dell’elevato volume di transazioni commerciali in cui le pubbliche amministrazioni sono debitrici di imprese, nonché dei costi e delle difficoltà generate per queste ultime dai ritardi nei pagamenti, «il legislatore dell’Unione ha inteso imporre agli Stati membri obblighi rafforzati per quanto riguarda le transazioni tra imprese e pubbliche amministrazioni».

In conclusione, la direttiva 2011/7/UE fa gravare sugli Stati membri l’obbligo di assicurare l’effettivo rispetto dei termini di pagamento da esso previsti nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una Pubblica Amministrazione.
L’eventuale constatazione di un miglioramento della situazione relativa a tali ritardi, non impedisce comunque alla Corte di dichiarare che l’Italia è venuta meno agli obblighi incombenti in forza del diritto dell’unione.
Infatti, «l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, ossia, nel caso di specie, il 16 aprile 2017».

Per scaricare il testo del comunicato stampa e del testo integrale della sentenza clicca qui.

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