FV- AGENZIA DELLE ENTRATE: RIDURRE IL PIU’ POSSIBILE L’ACCESSO AGLI UFFICI

COMUNICATO STAMPA AGENZIA DELLE ENTRATE DEL 10 MARZO 2020
Emergenza Coronavirus Uffici territoriali e uffici provinciali territorio aperti solo per la ricezione di atti
In relazione all’emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del Covid-19 e a seguito dell’emanazione del DPCM del 9 marzo 2020, a partire da oggi 10 marzo presso gli Uffici territoriali e gli Uffici provinciali dell’Agenzia delle entrate è necessario ridurre al minimo l’affluenza dei contribuenti.
Al fine di contenere il rischio di diffusione del contagio, si reitera l’invito all’utilizzo dei canali telematici per la richiesta dei servizi.
Presso le sedi degli uffici sarà possibile consegnare documenti e richiedere servizi per la successiva lavorazione in back-office.
Si ricorda che è possibile ricorrere all’utilizzo della posta elettronica certificata (gli indirizzi sono riportati sul sito Internet www.agenziaentrate.gov.it, nell’area nazionale e in quelle regionali) per la presentazione di istanze e documenti che saranno lavorati in back- office, il cui esito sarà comunicato dall’ufficio sempre con posta elettronica.
Sarà possibile comunicare con gli uffici anche utilizzando gli altri canali di comunicazione come Civis, posta elettronica non certificata e telefono, secondo le modalità descritte sul sito Internet dell’Agenzia.
Per i servizi di assistenza di carattere generale è attivo il numero verde 800.90.96.96, contattabile da telefono fisso, o il numero 06/96.66.89.07 tramite cellulare.
Roma, 10 marzo 2020

Dall’11 marzo ulteriori restrizioni in tutta Italia: chiusura per tutte le attività commerciali al dettaglio ad eccezione dei negozi di prima necessità, delle farmacie e delle parafarmacie

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha tenuto delle dichiarazioni da Palazzo Chigi annunciando ulteriori restrizioni in tutta Italia.

“Gli italiani hanno risposto in modo straordinario” ha detto Conte “ma si è trattato solo di un primo passo”. “Bisogna procedere gradualmente. L’Italia rimarrà una zona unica, protetta. Ma ora disponiamo la chiusura delle attività commerciali”.

“Chiusura di tutte le attività commerciali di vendita al dettaglio ad eccezione dei negozi di prima necessità, delle farmacie e delle parafarmacie.

Chiudono bar, pub, ristoranti, parrucchieri, centri estetici e servizi di mensa che non garantiscono la distanza di un metro di sicurezza”.

“Per quanto riguarda le attività produttive e professionali va attuata il più possibile la modalità del lavoro agile, vanno agevolate le ferie e i congedi retribuiti. Restano chiusi i reparti aziendali che non sono indispensabili per la produzione. Industrie e fabbriche potranno continuare a svolgere le proprie attività produttive a condizione che assumano protocolli di sicurezza adeguati a proteggere i propri lavoratori al fine di evitare il contagio. ”

“Resta garantito lo svolgimento dei servizi pubblici essenziali, fra cui i trasporti, dei servizi di pubblica utilità, dei servizi bancari e postali, finanziari e assicurativi “.

“Saranno garantite le attività del settore agricolo, zootecnico e di trasformazione agroalimentare comprese le filiere che offrono beni e servizi a queste attività”.

Il tutto, naturalmente,  nel rispetto della normativa igienico-sanitaria.

credito-d-imposta-per-investimenti-in-beni-strumentali

Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali

La legge di bilancio 2020 (art. 1 commi da 185 a 197) ha previsto un credito d’imposta a favore delle imprese e degli esercenti arti e professioni che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi.

Possono accedere a questa agevolazione:

  • tutti i soggetti residenti in Italia, comprese le stabili organizzazioni di soggetti non residenti,
  • indipendentemente:
    • dalla forma giuridica,
    • dal settore economico di appartenenza,
    • dalla dimensione
    • e dal regime fiscale di determinazione del reddito.

Sono escluse le imprese in liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale, altra procedura concorsuale prevista dalla Legge Fallimentare (R.D. 267/1942), dal D.Lgs. 14/2019 o da altre leggi speciali o che abbiano in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni.
Sono inoltre escluse le imprese destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’articolo 9, comma 2, D.Lgs. 231/2001.

Il credito d’imposta si applica agli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, ovvero entro il 30 giugno 2021 a condizione che entro la data il 31 dicembre 2020 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.

Per i soggetti ammessi al credito d’imposta, la fruizione del beneficio è subordinata al rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro applicabili in ciascun settore e al corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori.

L’ammontare del credito d’imposta è calcolato sul costo d’acquisto determinato secondo l’art. 110 c.1 lett. B) del TUIR e le percentuali sono le seguenti:

  • per gli investimenti in beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello «Industria 4.0» (di cui all’allegato A annesso alla legge 232/2016) (ex- iperammortamento), il credito d’imposta è pari al 40%, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, e al 20% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro, fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili di 10 milioni di euro. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni.
  • per gli investimenti in beni immateriali – software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni – connessi a investimenti in beni materiali «Industria 4.0» (di cui all’allegato B annesso alla legge 232/2016, integrato dall’art. 1, c. 32, legge 2015/2017) (ex- iperammortamento), il credito d’imposta è pari al 15%, nel limite massimo di costi ammissibili di 700.000 euro. Si considerano agevolabili anche le spese per servizi sostenute in relazione all’utilizzo dei beni di cui al predetto allegato B mediante soluzioni di cloud computing, per la quota imputabile per competenza.
  • negli altri casi (ex- superammortamento) il credito d’imposta è pari al 6% fino al limite massimo di costi ammissibili di 2 milioni di euro. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni.

Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente tramite compensazione con modello F24, in cinque quote annuali di pari importo, che si riducono a tre per gli investimenti in beni immateriali – software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni – connessi a investimenti in beni materiali «Industria 4.0» (di cui all’allegato B annesso alla legge 232/2016).

L’agevolazione è fruibile a decorrere dall’anno successivo a quello di entrata in funzione dei beni. Nel caso di beni compresi negli allegati A e B della legge 232/2016 la compensazione può essere effettuata a partire dall’anno successivo a quello dell’avvenuta interconnessione dei beni. Se quest’ultima avviene in un periodo d’imposta successivo a quello di entrata in funzione dei beni, è comunque possibile iniziare a fruire del credito d’imposta nella misura “base” del 6%.

Il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile a fini IRAP. È cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che la somma delle agevolazioni non superi il costo sostenuto.

In caso di cessione dei beni agevolati o di destinazione degli stessi all’estero, il credito d’imposta è corrispondentemente ridotto escludendo dall’originaria base di calcolo il relativo costo. Il maggior credito d’imposta eventualmente già utilizzato in compensazione deve essere riversato dal soggetto entro il termine per il versamento del saldo dell’imposta sui redditi dovuta per il periodo d’imposta in cui si verificano tali eventi, senza applicazione di sanzioni e interessi.

Ai fini dei successivi controlli, i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta devono conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili.

Le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso riferimento alle disposizioni della Legge 160/2019, commi da 184 a 194.

Nel caso di investimenti in beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello «Industria 4.0» e in beni immateriali ad essi connessi (allegati A e B della legge 232/2016), è necessario produrre:

  • una perizia tecnica semplice rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali oppure
  • un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato

dai quali risulti che i beni possiedono le caratteristiche per essere ricompresi negli allegati A e B annessi alla legge 232/2016 e che sono interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.
Per i beni di costo unitario non superiore a 300.000 euro, la documentazione può essere sostituita da una dichiarazione del legale rappresentante ai sensi del DPR 445/2000.

Dall’agevolazione sono esclusi gli investimenti nei seguenti beni:

  • i veicoli e gli altri mezzi di trasporto a motore indicati all’articolo 164 – pdf, comma 1, Tuir
  • i beni per i quali il decreto ministeriale del 31 dicembre 1988 – pdf stabilisce coefficienti di ammortamento ai fini fiscali inferiori al 6,5%
  • i fabbricati e le costruzioni
  • i beni elencati nell’allegato 3 della legge 208/2015 – pdf (condutture utilizzate dalle industrie di imbottigliamento di acque minerali naturali o dagli stabilimenti balneari e termali; condotte utilizzate dalle industrie di produzione e distribuzione di gas naturale; aerei completi di equipaggiamento; materiale rotabile, ferroviario e tramviario)
  • i beni gratuitamente devolvibili delle imprese operanti, in concessione e a tariffa, nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Le imprese che si avvalgono del credito d’imposta dovranno effettuare, ai soli fini del monitoraggio dell’efficacia dell’agevolazione, una comunicazione al Ministero dello sviluppo economico. Con apposito decreto direttoriale dello stesso Ministero saranno stabiliti il modello, il contenuto, le modalità e i termini di invio della comunicazione in relazione a ciascun periodo d’imposta agevolabile.

Il credito d’imposta non può formare oggetto di cessione o trasferimento, nemmeno all’interno del consolidato fiscale.

Normativa
 
Articolo 1, commi da 185 a 197, legge 27 dicembre 2019, n. 160 – pdf  – Legge di bilancio 2020
Allegato A alla legge 11 dicembre 2016, n. 232 – pdf  – Beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello «Industria 4.0»
Allegato B alla legge 11 dicembre 2016, n. 232 – pdf  – Beni immateriali – software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni – connessi a investimenti in beni materiali «Industria 4.0»

Abbiamo pubblicato Credito Imposta Beni Strumentali 2020, software in MS Excel che consente di determinare il credito d’imposta spettante per gli investimenti in beni acquistati ed entrati in funzione/interconnessi nell’anno 2020. Clicca qui.

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L’economia italiana gli attimi prima del coronavirus: a gennaio piccolo rimbalzo della produzione industriale ma continuo calo dei prestiti alle imprese

La produzione industriale a gennaio batte le previsioni mentre continuano a scendere i prestiti alle società non finanziarie. Istat e Banca d’Italia hanno pubblicato le ultime rilevazioni statistiche prima dell’emergenza Covid-19, che comincerà ad essere catturata dai dati relativi al mese di febbraio. In altre parole i dati in nostro possesso oggi fotografano la condizione di partenza con cui l’Italia si è trovata a far fronte all’epidemia. Rilevazioni che, dopo il susseguirsi di provvedimenti governativi focalizzati sul contenimento, saranno destinate inevitabilmente ad erodersi e a peggiorare.

Anzitutto la notizia (relativamente) buona: la produzione industriale a gennaio è aumentata del 3,7% rispetto a dicembre. Gli analisti si aspettavano un rimbalzo dell’1,6% dopo il dato negativo di dicembre (-2,6%), previsione largamente battuta. Inserita in un’ottica tendenziale, ovvero relativa agli ultimi 12 mesi, la produzione continua a risultare in contrazione, stavolta dello 0,1% (gli analisti si aspettavano un -3,7%). L’aumento nella produzione su base mensile si è verificato in tutti i comparti, in primis nei beni strumentali (+4,1%), seguiti dai beni intermedi (+3,3%), dai beni di consumo (+2,1%) e l’energia (+1,3%). “A gennaio si osserva un marcato recupero congiunturale della produzione industriale, dopo il forte calo registrato nel mese di dicembre. Nonostante questa dinamica espansiva, la variazione su base trimestrale resta negativa”, dice l’Istat nel suo commento. Due i settori che più si sono messi in mostra. In testa quello delle “Altre industrie”, che ha visto crescere la propria produzione dell’11,6% rispetto a gennaio 2019, seguito a stretto giro da computer ed elettronica con +11,4%. Più indietro l’industria alimentare, delle bevande e del tabacco con +6,8% e i prodotti farmaceutici di base e preparati con +3,5%. Spiccano in negativo invece le industrie tessili, di abbigliamento, pelli e accessori con un netto -8,4%, così come la fornitura di energia elettrica, gas e vapore con -6,3%. Giù anche i prodotti chimici con -3,3% e le attività estrattive sempre con -3,3%.

Dalle rilevazioni a carattere prettamente economico si passa a quelle finanziarie. È la Banca d’Italia a fornirle nella sua più recente pubblicazione della serie nazionale “Banca e moneta”. Le notizie non sono positive: il settore bancario continua a non finanziare la produzione italiana nonostante i tassi di interesse al minimo storico. A gennaio i prestiti al settore privato sono cresciuti dello 0,6% sui dodici mesi contro lo 0,1% di dicembre 2019, ma il dato macro contiene al suo interno variabili dall’andamento divergente. Mentre infatti i prestiti alle famiglie sono cresciuti del 2,5% rispetto a gennaio 2019 (stessa variazione di dicembre), quelli alle società non finanziarie (le imprese cui produzione industriale è stata rilevata dall’Istat) sono diminuiti di un ulteriore 1,0% rispetto all’anno precedente (-1,9% a dicembre 2019). I depositi continuano invece a crescere, per la precisione del 5,3% sui dodici mesi. Nel suo bollettino dedicato all’Economia italiana in breve Banca d’Italia conferma per gennaio 2020 il funding gap negativo (grafico 26) delle banche italiane, che da circa un anno a questa parte raccolgono un volume di depositi al dettaglio sempre più alto rispetto al credito erogato ai residenti. Ciò ovviamente ha conseguenze sulla spinta del settore bancario all’economia italiana, in particolare alle imprese, che procedono infatti con un leverage sempre inferiore (grafico 20). I tassi di interesse erogati dalle banche italiane alle società non finanziarie nel gennaio 2020 sono scesi dall’1,37% di dicembre all’1,18%. Con lo shock del coronavirus in Italia ed Europa la Banca Centrale Europea potrebbe essere chiamata ad un ulteriore taglio dei tassi o ad altre misure straordinarie di politica monetaria tali da far ipotizzare che i tassi ai minimi storici siano destinati a rimanere anche per i mesi a venire. La Federal Reserve e la Bank of England, per quanto riguarda le banche centrali occidentali, hanno già operato in tal senso. Le rilevazioni statistiche di gennaio 2020 difficilmente potranno fornire un valido strumento di previsione per i mesi futuri, viste le misure straordinarie e senza precedenti messe in campo.

Queste, tuttavia, possono indicare con quale stato di salute l’economia italiana si è trovata a dover fronteggiare l’emergenza coronavirus destinata a trascinare in maniera consistente verso il basso le stime relative all’andamento del Pil.

come-incidere-sui-costi-dello-studio

Come incidere sui costi dello Studio

Nell’affrontare la gestione dello studio, la comprensione dei propri costi è di vitale importanza.
Infatti, in assenza di dati attendibili, risulterà difficile redigere preventivi, valutare la marginalità dei clienti e definire i criteri di parcellazione. In mancanza di questi dati ricorrere alle tariffe professionali o alle abitudini storiche potrebbe comportare una sottostima degli impegni economici dello Studio. Altresì le proposte economiche potrebbero non essere coerenti con quello che il mercato consente e quindi vulnerabili di fronte alla concorrenza.

Non solo: nell’ottica del miglioramento dei risultati e della razionalizzazione dei processi, non conoscere i fattori che compongono i propri costi impedisce di focalizzare gli ambiti su cui lo studio può realmente incidere.

Infatti, la dolorosa scoperta di coloro che iniziano a valutare il tessuto gestionale dello studio è che, salvo importanti mutamenti dei fondamentali – ad esempio, un forte ridimensionamento del parco clienti -, i costi dello studio non sono significativamente riducibili. Lo studio è infatti composto da persone, le quali rappresentano circa il 75% dei costi se includiamo un costo figurativo dei titolari. A queste si aggiungono i costi di struttura come l’affitto – da rappresentare figurativamente se la struttura fosse di proprietà -, il software e le utenze. Nella gran parte dei casi siamo di fronte a costi piuttosto rigidi, e seppur l’implementazione di azioni correttive mirate possano consentire una razionalizzazione nel tempo, tali azioni non sono affatto semplici e gli effetti non immediati.

Dobbiamo quindi andare oltre ai valori assoluti dei costi per comprendere quali siano gli spazi di manovra per un abile manager/controller di studio. Infatti, questi spazi esistono ed in questo mercato, maggiormente competitivo rispetto al passato, la corretta ingegnerizzazione dei costi sarà un’attenzione cruciale per la generazione di margine. Nella media infatti, i prezzi delle prestazioni si sono ridotti e questo rende necessaria un’attenzione in più per ottenere la corretta remunerazione. Un modo efficace per ottenere questi margini è lavorare sui volumi di lavoro prodotti dalla struttura, nella consapevolezza che ogni attività incrementale gestita, a parità di costi, riduce il costo di tutte le altre. Per esempio: se fosse possibile aumentare i carichi di lavoro del 20%, l’incidenza dei costi su ogni “commessa” si ridurrebbe proporzionalmente, rendendo lo studio più competitivo oltre che aumentando il fatturato.

Questo significa lavorare sull’efficienza e le potenzialità di recupero si manifestano su due fronti principali: i carichi di lavoro e le ore improduttive.

Il primo si manifesta nella legge di Parkinson, economista inglese che teorizzò un concetto molto condivisibile: il lavoro si espande in funzione del tempo disponibile. Esiste infatti una naturale dilatazione dei tempi sul tempo a disposizione e sono sicuro che ognuno abbia numerosi esempi nella propria vita lavorativa. Il reciproco è che esiste una naturale razionalizzazione dei tempi nell’incremento del carico di lavoro gestito. Se la struttura fosse satura causa legge di Parkinson, e non per l’effettiva mole di lavoro, il titolare può intervenire sulla produttività portando nuove opportunità e gestendo con maggiore attenzione gli impegni delle persone.

La comprensione dei tempi di lavoro attraverso un accurato sistema di pianificazione e controllo – timesheet – permetterà allo studio di intercettare le fonti di dispersione di tempi e razionalizzare il lavoro, liberando spazio per nuove opportunità. In questo modo, la struttura potrà beneficiare a pieno delle proprie potenzialità, attivandosi in contemporanea per migliorare le modalità di lavoro e valorizzare le attività.

Il secondo importante ambito in cui il controller dello studio può intervenire è il peso delle attività non produttive, altrimenti dette di studio o generali. Queste sono tutte le attività non legate a un cliente specifico quali la parcellazione, la formazione, i tempi organizzativi, l’attività commerciale o il marketing. Insomma sono quelle attività, a complemento del lavoro per il cliente, che permettono allo studio di operare. Tuttavia, poiché non costituiscono una fonte diretta di reddito, per lo studio rappresentano un “costo” a livello gestionale. Essendo in tanti casi attività molto importanti, queste sono sono un costo necessario, ma non necessariamente incomprimibile: laddove i processi di espletamento delle attività improduttive non siano ottimizzati, difatti, c’è spazio per ridurne i costi.

Per esempio: un processo di parcellazione potrebbe richiedere ad uno studio 1000 ore quando un’altra struttura simile riesce ad eseguire la funzione con altrettanta efficacia nella metà del tempo. C’è quindi spazio per snellire il processo di parcellazione, con l’obiettivo (realistico!) di recuperare 500 ore che lo studio potrebbe reimpiegare altrimenti. Ecco quindi che nella razionalizzazione dei processi improduttivi, lo studio può “comprimere i costi” realizzando risorse reimpiegabili in lavoro per i clienti. A tal fine bisogna avere le idee chiare non solo su quanto sta accadendo all’interno dello studio, ma anche al di fuori: si rivelano dunque cruciali sia la rilevazione dei tempi, sia la conoscenza di approcci diversi – le cosiddette best practices – più efficaci e sostenibili.

È dunque chiaro che un abile controller può modificare in modo significativo i risultati dello studio, sia in termini di competitività, che in termini di qualità del lavoro, generando marginalità attraverso l’efficienza. Una struttura consapevole del proprio operato può intervenire su queste sfaccettature dei costi per garantirsi un futuro, ed un accurato controllo di gestione è il primo passo sulla via della sostenibilità.

Coronavirus: il CNDCEC vara il “Cruscotto del Commercialista”

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha varato il "Cruscotto del commercialista", un vademecum con istruzioni operative e norme igieniche per agevolare gli iscritti nella gestione dei rapporti interni ed esterni allo studio professionale in seguito alle misure straordinarie emanate a livello nazionale dal governo per contenere il contagio da COVID-19.

Si tratta di tre modelli di informativa per agevolare gli iscritti nella gestione dei rapporti che caratterizzano l’attività professionale, che sono:

  • Raccomandazione a tutti gli iscritti all’Albo;
  • Modello di informativa al personale interno dello studio (dipendenti, collaboratori e tirocinanti);
  • Modello di informativa rivolto a clienti, fornitori e terzi.

Clicca qui per maggiori info.

11.03.2020 FV Coronavirus – centri estetici – barbieri – parrucchieri

Sito del Governo – ATTENZIONE – IL DPCM 11.3.2020 HA DISPOSTO LA CHIUSURA DI TALI ESERCIZI
Centri estetici, parrucchieri e barbieri possono continuare a svolgere la loro attività?
Sì, ma solo su prenotazione degli appuntamenti e comunque garantendo la turnazione dei clienti con un rapporto uno a uno, così da evitare il contatto ravvicinato e la presenza nel locale di clienti in attesa. Il personale dovrà indossare idonei dispositivi di protezione individuale (guanti e mascherina).

11.03.2020 FV CORONAVIRUS – norme avulse dalla realtà: danni e confusione

Dopodiché, come al solito, cambi provincia e cambiano le regole, almeno nei momenti difficili o disperati avremmo bisogno di certezze e subito, non di assistere alla solita manfrina di circolari, risoluzioni, interpretazioni etc. etc. Se in momenti come questi si riesce a far uscire una Guida sulla Lotteria degli Scontrini si può fare di meglio anche per l’emergenza Coronavirus.
La cronaca del 10 marzo 2020, dedicata interamente al Coronavirus, per rispondere agli interrogativi di clienti, tra interrogazioni sui siti internet, telefonate con responsabili del settore commercio, colleghi, informative ai clienti, cartelli etc.etc.
Il DPCM dispone la limitazione all’orario di apertura delle attività di “ristorazione e bar” (art. 1) salvo poi leggere all’articolo 2 che sono sospese le attività di “pub”, come se per l’esercizio di tale attività non sia necessaria una licenza di “somministrazione di alimenti e bevande” anche se associata ad altre attività (es. ludiche, giochi etc.).
Il DPCM fa riferimento alle attività di ristorazione e bar, chiaro che un DPCM non può fare un esame delle Leggi sul commercio, chiaro altresì che nessuno, non certo il Presidente Conte, si sia posto qualche interrogativo ed abbia pensato magari di fare una circolare esplicativa, ponendosi qualche interrogativo, quale:
– Il panettiere non esercita attività di ristorazione, quindi vende pizza, focaccia, pane e grissini e quant’altro, sino alle 19.30 – è un artigiano, può vendere i beni di propria produzione senza alcuna autorizzazione amministrativa per la somministrazione (ha poi, di solito, un’autorizzazione amministrativa per il commercio al dettaglio di beni non di propria produzione, ad esempio farina, pasta, bibite etc.)
– Il classico esercizio di “pizza al taglio” o di “kebap”, è anch’esso un esercizio in possesso della sola autorizzazione dell’ASL, è un artigiano, al pari del panettiere (salvo poi fare “all’italiana”, mettendo qualche sedia, qualche tavolo, un distributore automatico di bevande etc.etc.);
– La pasticceria che produce paste e salatini di solito ha un’attività artigianale per tali produzioni a cui si affianca, spesso e volentieri, un’autorizzazione per la somministrazione “bar”, divenendo così “bar – pasticceria”;
– La “gastronomia” intesa in “senso puro” (cioè che non commercializza alcun prodotto di terzi ma vende esclusivamente beni di propria produzione) non appartiene al settore della somministrazione, è come il panettiere.
Ora si assiste, in base ad un’interpretazione (si ribadisce che forse sono momenti dove non lasciare nulla all’interpretazione ma occorrerebbe dare certezze agli operatori economici ed ai cittadini, magari poi auguriamoci superati questi momenti di mantenere un’informazione sempre chiara e completa, senza che sorgano i distinguo di cui sopra, con Prefetture che nei giorni scorsi hanno fornito pareri discordanti, ad esempio sulla possibilità o meno per gli esercizi della ristorazione, di cedere i loro prodotti in asporto e non in somministrazione oltre le 18 di sera, pareri che poi sono arrivati a fare ulteriori distinguo per la consegna a domicilio, per la quale occorrono contenitori e veicoli a norma con le prescrizioni sanitarie.
Mi spiego meglio:
– Perché il panettiere può tenere aperto dopo le 18 mentre la pasticceria-bar non può tenere aperto la sola vendita di pasticceria di propria produzione dopo le 18 indicando specificatamente con appositi cartelli che dopo le 18 è sospesa l’attività di bar e impedendo gli accessi nella zona “bar” e controllando il rispetto della distanza di 1 mt., così come il panettiere ?
– Perché il panettiere, il laboratorio di pizze d’asporto, il kebap possono tenere aperto dopo le ore 18 mentre la tradizionale “pizzeria” od il tradizionale “ristorante” non possono tenere aperto dopo le 18 perlomeno per la vendita di cibi di asporto, impedendo comunque gli accessi alla zona “ristorante” (ai tavoli) e controllando il rispetto della distanza di 1 mt.?
Delle due l’una:
– o si sta sottovalutando il rischio per talune attività, cosa estremamente grave
– o si sta danneggiando un settore economico, quello della ristorazione, cosa anche questa grave
Però sono entrambe gravi.

coronavirus-riunioni-del-cda-in-audioconferenza-per-il-rinvio-del-bilancio

Coronavirus: riunioni del CdA in audioconferenza per il rinvio del bilancio

Con il repentino e progressivo propagarsi anche in Italia dell’infezione COVID-19 (CoronaVirus) il Consiglio dei Ministri e le altre Autorità competenti hanno emanato una serie di provvedimenti fino ad arrivare a drastiche forme restrittive della circolazione anche per i soggetti in buona salute.
Nella stragrande maggioranza delle società di capitali, anche nei casi in cui l’ufficio amministrativo abbia tempestivamente avviato un processo interno per mettere in sicurezza tutta la comunità dei propri collaboratori e dei propri committenti e interlocutori assicurando al contempo la continuità del servizio, non ci saranno quest’anno le condizioni per addivenire alla redazione di un progetto di bilancio completo dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019 entro il termine ordinario.

Per combinare le suddette misure restrittive con gli obblighi di legge saranno quini in tanti a dover ricorrere a riunioni del Consiglio di Amministrazione tenute in audioconferenza.

Ricordiamo che l’art. 2370, comma 4, del codice civile afferma che “Lo statuto può consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ovvero l’espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica. Chi esprime il voto per corrispondenza o in via elettronica si considera intervenuto all’assemblea”.

Segnaliamo però che nella sua massima H.B. 39 – (INTERVENTO IN ASSEMBLEA MEDIANTE MEZZI DI TELECOMUNICAZIONE IN RELAZIONE ALLE POSSIBILI DIVERSE CLAUSOLE STATUTARIE – 1° pubbl. 9/17 – motivato 9/17) il Comitato Interregionale Dei Consigli Notarili Delle Tre Venezie ha però indicato che “Nelle società per azioni “chiuse”, anche in assenza di una specifica previsione statutaria, deve ritenersi possibile l’intervento in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione, a condizione che siano in concreto rispettati i principi del metodo collegiale.
Ove i mezzi di telecomunicazione siano previsti dall’avviso di convocazione, la società dovrà rispettare il principio di parità di trattamento dei soci.
Spetta al presidente dell’assemblea verificare il pieno rispetto del metodo collegiale, secondo principi di correttezza e di buona fede e, ove il collegamento sia predisposto dalla società, il rispetto della parità di trattamento dei soci.
Resta salva la possibilità per lo statuto di disciplinare diversamente la materia, anche in deroga alle regole della collegialità, e fermo il diritto del socio di intervenire fisicamente in assemblea.
È sempre possibile, con il consenso unanime dei soci, derogare alla regola statutaria”.

L’affermazione del Codice Civile “Lo statuto può consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione” va quindi interpretata nel senso che lo statuto può regolamentare lo svolgimento delle assemblee in audio o videoconferenza e non che, in assenza di clausola statutaria, queste non sono consentite.

Su questo sito internet abbiamo pubblicato un modello personalizzabile.

Decreto “Io resto a casa”: il Governo risponde alle domande più frequenti

A seguito della pubblicazione del Decreto "Io resto a casa" (Dpcm 9marzo 2020) sono state pubblicate le risposte alle domande più frequenti sulle misure adottate dal Governo per far fronte all’emergenza Coronavirus.
Le tematiche affrontate riguardano, in particolare:

  • le zone interessate al decreto
  • gli spostamenti
  • i trasposti
  • gli uffici e i dipendenti pubblici
  • i pubblici esercizi
  • scuole ed università
  • cerimonie ed eventi
  • turismo
  • agricoltura.

Relativamente al trasporto merci, ad esempio, viene chiarito che non c’è nessuna limitazione. Tutte le merci (quindi non solo quelle di prima necessità) possono essere trasportate sul territorio nazionale. Il trasporto delle merci è considerato come un’esigenza lavorativa: il personale che conduce i mezzi di trasporto può spostarsi, limitatamente alle esigenze di consegna o prelievo delle merci.

Clicca qui per leggere tutte le risposte del Governo.

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