Ravvedimento speciale: come versare le somme dovute per i periodi d’imposta 2022 e precedenti

Nella Circolare n. 11/E del 15 maggio l’Agenzia delle Entrate chiarisce in merito alle modalità di versamento delle somme dovute per il “ravvedimento speciale” dei periodi d’imposta 2022 e precedenti, alla luce di quanto previsto dal Decreto “Milleproroghe” (DL n. 215/2023) e dal Dl n. 39/2024.

L’adesione al ravvedimento speciale per il periodo d’imposta 2022 si perfeziona con il versamento, entro il 31 maggio 2024, dell’intero importo dovuto o della prima rata, oltreché con la rimozione, entro lo stesso termine, delle irregolarità o sanare le omissioni che si intendono regolarizzare. Se si sceglie il pagamento rateale, le tre rate successive alla prima vanno versate, rispettivamente, entro il 30 giugno 2024, il 30 settembre 2024 e il 20 dicembre 2024. Per queste tre rate sono dovuti gli interessi nella misura del 2% annuo.

Il perfezionamento della “nuova” regolarizzazione per l’anno 2021 e precedenti presuppone la rimozione delle irregolarità od omissioni e il versamento delle somme dovute, in un’unica soluzione, entro il 31 maggio 2024
In alternativa, è possibile effettuare il pagamento, entro il medesimo termine del 31 maggio 2024, di un importo pari a cinque delle otto rate previste dall’articolo 1, comma 174, della legge di bilancio 2023. Le residue tre rate, sulle quali sono applicati gli interessi nella misura del 2% annuo a decorrere dal 1° giugno 2024, sono dovute entro i termini del 30 giugno 2024, 30 settembre 2024 e 20 dicembre 2024.

Registro corrispettivi non aggiornato: la violazione è ‘sostanziale’

Il mancato aggiornamento del registro dei corrispettivi rappresenta una “violazione sostanziale” a cui è applicabile la sanzione prevista dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 471/1997, in quanto può determinare l’omesso versamento dell’Iva o il pagamento di un rimborso non dovuto.

A stabilirlo la Corte di Cassazione, Sezione V Civile, con l’Ordinanza n. 7391 del 19 marzo 2024, nella quale ha chiarito che “tanto l’omessa annotazione di fattura negli appositi registri entro il termine previsto dall’art. 23 DPR n. 633/72, quanto la mancata conseguente contabilizzazione nella dichiarazione relativa all’esercizio di competenza, devono essere considerate delle “irregolarità sostanziali”, perché rilevanti ai fini della determinazione del “volume di affari” previsto dall’art. 20 DPR cit. e dell’imposta dovuta, ed, in ogni caso, perché tali considerate per espressa disposizione dei previgenti artt. 42, 43 e 44 del medesimo decreto. 
Ciò in quanto la fattispecie di omessa registrazione delle fatture nell’anno solare e di inesatta dichiarazione e versamento si configurano per il solo fatto oggettivo che il contribuente abbia determinato, con il proprio comportamento, il rischio per l’amministrazione di non conseguire il pagamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione annuale, ovvero di effettuare un rimborso non dovuto, e trovano puntuale riscontro nel regime sanzionatorio previsto dai richiamati artt. 42, 43 e 44 (v. anche Cass. n. 11662 del 2001; Cass. n. 2379 del 2006)”.

Via libera al decreto di revisione del sistema sanzionatorio tributario

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 82 del 24 maggio, ha approvato in via definitiva un decreto legislativo relativo alla revisione del sistema sanzionatorio tributario.
Si tratta del decreto di riforma delle sanzioni amministrative e penali, in attuazione della legge delega per la riforma fiscale (Legge n. 111/2023), i cui ambiti di intervento riguardano:

  • le disposizioni comuni alle sanzioni amministrative e penali, con l’integrazione fra le diverse fattispecie sanzionatorie, la revisione dei rapporti tra processo penale e processo tributario, l’introduzione di meccanismi di compensazione tra le sanzioni da irrogare e quelle già irrogate e la riduzione delle sanzioni;
  • le sanzioni penali, con particolare riferimento alla revisione dei profili sanzionatori per gli omessi versamenti non reiterati;
  • le sanzioni amministrative, prevedendo una maggiore proporzionalità tra le sanzioni rispetto alle condotte contestate, ferma restando la maggiore rilevanza di comportamenti fraudolenti, e realizzando una revisione della disciplina della recidiva dei cumuli e delle continuazioni.

Cartelle di pagamento: come chiedere la rateizzazione per debiti sotto e sopra i 120mila euro

La guida sulla rateizzazione delle cartelle di pagamento, recentemente pubblicata dall’Agenzia delle Entrate, contiene tutte le informazioni utili su come e quando è possibile richiedere di rateizzare il debito.

In tema di rateizzazione ordinaria l’Agenzia ricorda che il contribuente che si trovi in una temporanea situazione di obiettiva difficoltà può richiedere e ottenere una rateizzazione fino a un massimo di 72 rate mensili (6 anni).
Le rate del piano possono essere di importo costante o, su richiesta del contribuente, di importo crescente di anno in anno. La rata minima è pari a 50 euro.

Se il contribuente intende richiedere una rateizzazione per debiti di importo fino 120mila euro, deve dichiarare di trovarsi nelle condizioni di temporanea e obiettiva difficoltà economica. Non è necessario che presenti alcuna documentazione a supporto.

Se il contribuente intende richiedere di dilazionare una somma superiore ai 120mila euro, è tenuto a documentare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà. Per attestare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica e determinare anche il numero di rate concedibili (fino a un massimo di 72), i contribuenti persone fisiche o ditte individuali in contabilità semplificata, devono allegare alla domanda la certificazione relativa all’ISEE del nucleo familiare.
Se il contribuente che chiede una dilazione è, invece, una persona giuridica o una ditta individuale in contabilità ordinaria, insieme all’istanza deve presentare la documentazione contabile necessaria a verificare:

  • la sussistenza della condizione di temporanea difficoltà economica determinata dal valore dell’indice di liquidità, ricavato dalla situazione economico/patrimoniale dell’azienda, che deve essere inferiore a 1;
  • il numero di rate concedibili (fino a un massimo di 72) in relazione al valore dell’Indice Alfa calcolato come rapporto tra l’importo del debito complessivo in rateizzazione e il valore della produzione (es. per le società di capitali, cooperative, mutue assicuratrici) oppure il totale dei ricavi e dei proventi (es. per le società di persone, ditte individuali, associazioni ecc.) moltiplicato per 100.

Tutti i dettagli sulle modalità di presentazione delle domande nella guida.

APS: non soggette a tassazione le quote di iscrizione e per la fruizione delle attività annuali

L’articolo 148 del Tuir può trovare applicazione anche alle prestazioni rese dall’Aps agli iscritti (non associati), a condizione che gli stessi siano anche tesserati all’ente di riferimento nazionale, cui la stessa Aps è associata.

Nella Risposta n. 115 del 24 maggio l’Agenzia delle Entrate ha infatti chiarito che le quote annuali di iscrizione versate dagli iscritti (non associati) alle Associazioni per la promozione sociale territoriale (Aps), che sono anche tesserati a organizzazioni nazionali di cui l’Aps è parte, e le quote versate dai medesimi soggetti per partecipare alle attività educative annuali, rientrano tra i proventi non commerciali di cui all’articolo 148, comma 3, del Tuir, in quanto entrambi i versamenti riguardano attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali. 

In particolare, le quote di iscrizione rientrano tra le entrate che non concorrono a formare il reddito complessivo dell’ente, in quanto qualificabili come quote o contributi versati da partecipanti. L’irrilevanza reddituale riguarda sia la quota di iscrizione annuale all’Aps propriamente intesa, sia la parte del versamento che l’Aps, in base a quanto rappresentato, raccoglie e trasferisce all’Aps nazionale quale quota di tesseramento annuale del proprio iscritto.
I corrispettivi specifici versati dagli iscritti per fruire delle attività educative dell’Aps, invece, rientrano tra i proventi che possono fruire della de­commercializzazione di cui all’articolo 148, comma 3, del Tuir.

Dalle Entrate una guida sulla rateizzazione delle cartelle di pagamento

Una delle prime linee di intervento che l’Agenzia delle entrate-Riscossione ha previsto nel percorso di potenziamento dei servizi e di semplificazione delle modalità di fruizione degli stessi da parte dei contribuenti, è quella relativa al pagamento dei debiti.
Tra le possibilità a disposizione dei contribuenti che vogliono mettersi in regola con il versamento delle somme richieste da AdeR in avvisi e cartelle di pagamento, ma non riescono a pagare in un’unica soluzione, è prevista la rateizzazione delle somme, da versare in più rate.

Le rateizzazioni possono essere concesse per una durata massima di sei anni in caso di rateizzazione ordinaria, e 10 anni, in caso di rateizzazione straordinaria, prorogabili, e compatibilmente con il limite minimo di 50 euro a rata.

Nella guida pubblicata dall’Agenzia delle Entrate, in collaborazione con l’Agenzia entrate-Riscossione, tutte le informazioni utili su come e quando è possibile richiedere di rateizzare il debito: quali somme sono rateizzabili, come presentare la domanda, le modalità di pagamento delle rate e gli effetti della rateizzazione o dell’eventuale decadenza.

Clicca qui per accedere al documento.

Anche il detentore dell’immobile può fruire della detrazione per interventi edilizi

Nella Risposta n. 112 del 23 maggio l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il detentore dell’immobile oggetto di interventi agevolativi può fruire della detrazione prevista per le spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici (art. 16–bis del TUIR), a condizione:

  • che si trovi in possesso del consenso all’esecuzione dei lavori da parte del proprietario;
  • che la detenzione dell’immobile risulti da un atto regolarmente registrato al momento di avvio dei lavori e sussista al momento del sostenimento delle spese ammesse alla detrazione, anche se antecedente il predetto avvio.  

La data di inizio dei lavori deve essere comprovata dai titoli abilitativi, se previsti, ovvero da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà effettuata nei modi e nei termini previsti dal d.P.R. n. 445 del 2000.

Tali condizioni, spiegano le Entrate, risultano soddisfatte non solo quando il contribuente abbia sottoscritto un contratto di comodato d’uso o di locazione regolarmente registrato, ma anche nelle ipotesi in cui il contribuente disponga dell’immobile in forza di un diverso titolo, purché idoneo ad assicurarne la disponibilità giuridica e materiale e che risulti da un documento con data certa.

Emanato l’atto di indirizzo che ferma l’entrata in vigore del nuovo redditometro

E’ stato emanato l’atto di indirizzo del Vice Ministro dell’economia e delle finanze in relazione alla sospensione dell’efficacia del D.M. 7 maggio 2024 in materia di accertamento sintetico.
Il testo, emanato in seguito all’annuncio della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni del 23 maggio, è stato pubblicato sul sito del MEF (Dipartimento delle Finanze).

Nel documento viene “ribadita l’opportunità, rilevata anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri, come ampiamente riportato da organi di stampa, di modificare il contenuto normativo del quinto comma dell’articolo 38 del DPR n. 600 del 1973 al fine di rendere più esplicita la sottointesa volontà di concentrare il ricorso all’applicazione dell’istituto della determinazione sintetica del reddito fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva ai casi nei quali il contribuente ometta di dichiarare i propri redditi, a fronte del superamento di soglie di spesa da determinare”.

Rigettato l’appello di un socio contro l’avviso di accertamento della società

In una recente sentenza (n. 916/4 del 26 marzo 2024) la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria ha rigettato l’appello presentato da un socio contro un avviso di accertamento emesso nei confronti della società.
La decisione si basa sul principio stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 441 del 10 gennaio 2013, secondo cui un socio di una società di capitali non ha alcuna legittimazione ad agire in proprio contro l’avviso di accertamento dei maggiori redditi formalizzato a carico della società.

I giudici calabresi hanno chiarito che il socio può intervenire a tutela delle proprie ragioni solo nel caso in cui l’ente impositore emetta un distinto e specifico avviso nei suoi confronti, relativo all’accertamento di maggiori utili societari percepiti in seguito alla distribuzione degli stessi.

730/2024: l’Agenzia Entrate aggiorna il cronoprogramma di Caf e professionisti abilitati

Si è ufficialmente aperta la stagione dichiarativa e l’Agenzia delle Entrate, per agevolare il compito dei CAF, degli intermediari e dei sostituti d’imposta, ha aggiornato le risposte alle domande più frequenti relative ai modelli 730 e 730-4 del 2024.
Nello specifico, per semplificare le operazioni di controllo e verifica dei modelli presi in carico da questi soggetti, l’Agenzia ha aggiornato il cronoprogramma delle attività che devono svolgere nell’anno in corso, oltre ad alcune scadenze e procedure relative al flusso dei 730-4/2024.

Le FAQ sono aggiornate al 22 maggio 2024.

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