Società cancellata dal Registro Imprese: i soci rispondono dei debiti?

Con Sentenza n. 3625 del 12 febbraio le Sezioni Unite civili di Cassazione si sono espresse in materia di responsabilità dei soci per il debito tributario dopo la cancellazione della società dal Registro Imprese, ed hanno pronunciato i seguenti principi di diritto:

  • “Nella fattispecie di responsabilità dei soci limitatamente responsabili per il debito tributario della società estintasi per cancellazione dal registro delle imprese, il presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, di cui al 3^ (già 2^) co. dell’art. 2495 cod. civ., integra, oltre alla misura massima dell’esposizione debitoria personale dei soci, una condizione dell’azione attinente all’interesse ad agire e non alla legittimazione ad causam dei soci stessi;
  • questo presupposto, se contestato, deve conseguentemente essere provato dal Fisco che faccia valere, con la notificazione ai soci ex artt. 36 co. 5^ d.P.R. n. 602/73 e 60 d.P.R. 600/73 di apposito avviso di accertamento, la responsabilità in questione, fermo restando che l’interesse ad agire dell’Amministrazione finanziaria non è escluso per il solo fatto della mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, potendo tale interesse radicarsi in altre evenienze, quali la sussistenza di beni e diritti che, per quanto non ricompresi in questo bilancio, si siano trasferiti ai soci, ovvero l’escussione di garanzie;
  • la verifica del presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, concernendo un elemento che deve essere dedotto nella fase di accertamento da indirizzarsi direttamente nei confronti dei soci ex art. 36 co. 5^ d.P.R. n. 602/73, non può avere ingresso nel giudizio di impugnazione introdotto dalla società avverso l’avviso di accertamento ad essa originariamente notificato, quand’anche questo giudizio venga poi proseguito, a causa dell’estinzione della società per cancellazione dal registro delle imprese, da o nei confronti dei soci quali successori della società stessa.”

Superbonus: sconto in fattura anche senza fattura diretta tra general contractor e condominio

L’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito per lavori agevolati con il Superbonus può essere esercitata anche dal committente che si avvale di un appaltatore (ad esempio, di un general contractor) che, nonostante abbia pagato alla data del 30 marzo 2024 ai subappaltatori una parte dei lavori effettuati, non abbia entro tale data emesso fattura nei confronti del committente in relazione ai medesimi lavori. Anche in tale ipotesi, i pagamenti devono riferirsi a “lavori già effettuati”.
Resta fermo che il legame tra il pagamento da parte delle imprese esecutrici dei lavori e il committente dei lavori, beneficiario finale dell’agevolazione, deve essere debitamente documentato.

Ciò posto, il condominio committente che abbia affidato i lavori a un’impresa general contractor, che a sua volta si è avvalsa di appaltatori, potrà continuare ad esercitare l’opzione per lo sconto in fattura relativamente agli ulteriori interventi che danno diritto al Superbonus, se il general contractor, alla data del 30 marzo 2024, ha pagato ai subappaltatori una parte dei lavori edili effettuati, seppure non abbia, entro la medesima data, emesso fattura nei confronti del committente.

A chiarirlo l’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 26 del 12 febbraio.

Agevolazione prima casa e donazione abitazione preposseduta con ‘clausola di premorienza’

Con Risposta n. 27 del 12 febbraio l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la donazione con clausola di premorienza è considerata valida ai fini del rispetto dei requisiti per l’agevolazione “prima casa”, disciplinata dalla lettera c) della Nota II-bis del Dpr n. 131/1986 in quanto, al momento dell’acquisto della nuova abitazione, il donante non risulta più titolare dell’immobile donato, soddisfacendo così le condizioni necessarie per ottenere il beneficio fiscale.

La donazione, difatti, è immediatamente efficace, realizzando il trasferimento della titolarità dell’immobile alla madre donataria al momento della stipula dell’atto.

Rimborso versamenti diretti anche se conseguenti ad errore volontario: Sentenza GGT Umbria

L’istanza di rimborso chiesta ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 602/1973 a titolo di maggiore Ires indebitamente versata, può essere presentata, oltre che nel caso di errore materiale, anche in quello di inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, anche se conseguente ad un comportamento volontario del contribuente.

Il principio è stato stabilito dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Umbria, nella Sentenza n. 352/1 del 6 novembre 2024.
Nel caso di specie, la contribuente, una fondazione bancaria, aveva presentato istanza di rimborso per la maggiore IRES indebitamente versata, ritenendo sussistenti i requisiti soggettivi e oggettivi per godere della riduzione dell’imposta prevista dall’art. 6 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 601 ratione temporis vigente.

Cittadini extracomunitari: dal 2025 stop a detrazioni per familiari a carico residenti all’estero

Novità in tema di detrazioni per familiari a carico residenti all’estero.
Con l’introduzione del comma 2-bis nell’articolo 12 del Tuir, la Legge di Bilancio 2025 (L. n. 207/2024) ha previsto, dal 2025, l’esclusione dal diritto alle detrazioni per i familiari a carico residenti all’estero per i cittadini extra-UE o  extra SEE. 
Fino al 2024, infatti, i contribuenti stranieri residenti in Italia potevano richiedere le detrazioni per familiari a carico residenti all’estero, possibilità che è stata eliminata a partire da quest’anno.

La disposizione riguarda unicamente i contribuenti che non sono cittadini italiani o appartengono ad uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo.

Rimangono esclusi dal diritto alla detrazione per carichi di famiglia, come avveniva in passato, i cittadini stranieri non residenti in Italia (comma 3 dell’articolo 24 del Tuir), ad eccezione dei cosiddetti “non residenti Schumacher”. 

Deducibilità perdite su crediti: la prova è compito del contribuente

Affinché l’elemento negativo sia fiscalmente rilevante è necessario fornire un riscontro dando anche evidenza dell’impossibilità del suo recupero in via coattiva.

In tema di imposte sul reddito d’impresa, la deducibilità dal reddito imponibile dei componenti negativi costituiti da perdite su crediti deve risultare da elementi certi e precisi, sia in relazione all’esistenza del credito, sia in relazione alla definitività della perdita. Spetta al contribuente l’onere di fornire la prova dei fatti costitutivi del suo preteso diritto alla deducibilità della perdita. Laddove il contribuente non riesca a dimostrare che la perdita sul credito vantato è stata certa e definitiva nell’anno in cui è stata dedotta fiscalmente, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a recuperare la maggiore imposta. Questi i principi espressi dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 303 dell’8 gennaio 2025.

Pmi e professionisti: contributi per la certificazione della parità di genere. Domande dal 26 febbraio

Lo scorso 11 febbraio sul sito internet del Dipartimento per le Pari Opportunità è stato pubblicato il nuovo Avviso Pubblico finalizzato all’ottenimento di contributi per la Certificazione di Parità di Genere (UNI/PdR 125:2022), la misura del PNRR, di cui è titolare il Dipartimento per le pari opportunità, realizzata in collaborazione con Unioncamere.
L’avviso definisce i criteri e le modalità per la concessione di contributi alle PMI per i servizi di assistenza tecnica e accompagnamento, forniti sotto forma di tutoraggio e per i servizi di certificazione della parità di genere. 

In particolare, sono previste agevolazioni:

  • per l’assistenza tecnica e accompagnamento è prevista l’assegnazione di un contributo per ciascun soggetto (imprese e professionisti) fino a 2.500 euro sotto forma di servizi finalizzati a trasferire ai beneficiari della misura competenze specialistiche e strategiche per la certificazione della parità di genere;
  • per il rilascio della certificazione è prevista l’assegnazione di contributi fino a 12.500 euro sotto forma di servizi di certificazione della parità di genere erogati dagli Organismi di certificazione iscritti nell’apposito Elenco.

Le domande di partecipazione possono essere presentate a partire dal 26 febbraio e fino al 18 aprile attraverso il sistema restart.infocamere.it, accedendo con SPID/CIE/CNS.

Clicca qui per maggiori informazioni.

Partite Iva IV trimestre 2024 in flessione del 2,6%

Il Dipartimento delle Finanze (Osservatorio sulle partite IVA) ha rilasciato i dati relativi al quarto trimestre del 2024, nel corso del quale sono state aperte 94.144 nuove partite Iva con una flessione del 2,6% rispetto allo stesso periodo del 2023.
In particolare, calano del 10% le persone fisiche e dello 0,3 le società di persone, mentre crescono  le società di capitali (+6,3%). In forte aumento gli avviamenti da parte di soggetti non residenti (+36,6%).

Relativamente alla ripartizione territoriale si sono registrati incrementi in Toscana (+2,5%) e Lombardia (+1,4%) e flessioni in Valle d’Aosta (-15,5%), Basilicata (-13,7%) e Puglia (-11,8%).

Il commercio rimane il settore produttivo con il maggior numero di avviamenti di partite Iva (21,6% del totale), seguito dalle attività professionali (12,4%) e dalle costruzioni (11,4%).  
Considerando i dieci settori principali, che fanno registrare nel complesso circa l’85% dei nuovi avviamenti nel trimestre, le variazioni più significative rispetto all’ultimo trimestre del 2023 riguardano il settore dell’agricoltura (-19,4%), il settore delle attività finanziarie (+16,7%), le altre attività di servizi (+9,6%), il settore della sanità (-7,9%), il settore delle attività professionali (-6,5%) e il settore del commercio (+4,5%).

Nel quarto trimestre 2024 hanno aderito al regime forfettario 32.397 soggetti, pari al 34,4% del totale delle nuove aperture, con una flessione dell’8,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Regime impatriati: requisito di residenza estera sale a 6 anni se si lavora per lo stesso datore

Con Risposta ad interpello n. 22 del 7 febbraio l’Agenzia delle Entrate chiarisce per il contribuente che, al rientro in Italia, intraprende un’attività professionale e rende le proprie prestazioni professionali anche nei confronti del suo precedente datore di lavoro estero, il periodo minimo di permanenza all’estero per poter beneficiare del regime agevolativo per i lavoratori impatriati è di sei periodi d’imposta, ovvero di sette periodi d’imposta qualora sia stato impiegato in Italia, prima del trasferimento, per lo stesso datore di lavoro.
La norma, prevede infatti l’allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all’estero che, da tre, aumenta a sei o sette anni, in tutte le ipotesi in cui il contribuente (lavoratore dipendente, assimilato o lavoratore autonomo) al rientro in Italia presti l’attività lavorativa per il medesimo soggetto (datore/gruppo) per il quale ha lavorato all’estero.

Dunque, il contribuente che dichiari di essere stato residente all’estero per almeno 6 anni e che, al rientro in Italia, svolga l’attività professionale con la stessa società per la quale aveva già lavorato all’estero, al ricorrere di tutti i requisiti previsti dalla norma, potrà beneficiare del regime agevolativo per i lavoratori impatriati a partire dal periodo d’imposta di rientro in Italia e per i quattro successivi.

Professionisti e rimborso spese: novità fiscali dal 2025

Dal 1° gennaio 2025, il trattamento fiscale dei rimborsi delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente ha subito importanti modifiche.

Fino al 2024, le spese (normalmente di trasferta) addebitate analiticamente al cliente concorrevano al monte degli onorari, sia per i professionisti in regime ordinario che per quelli in regime forfetario. Questo comportava un “gonfiamento” del reddito imponibile, pur essendo poi le spese integralmente deducibili (per i professionisti in regime ordinario).

Dal 2025, l’articolo 54 del TUIR (Determinazione del reddito di lavoro autonomo), recentemente riformulato, prevede invece che le somme percepite dal lavoratore autonomo a titolo di rimborso spese per l’esecuzione di un incarico, addebitate analiticamente al committente, non concorrono più alla formazione del reddito.

Novità 2025 per i Professionisti in regime ordinario

Come abbiamo già anticipato, a partire dall’anno d’imposta 2025, i rimborsi spese di trasferta effettuati nel rispetto del nuovo art. 54 del TUIR non saranno più considerati “compensi” e, di conseguenza, non saranno soggetti a ritenuta d’acconto. Specularmente, le spese sostenute ed oggetto di riaddebito analitico saranno indeducibili.

Le spese potranno però essere dedotte nel caso in cui il rimborso non venga effettuato perché:

  • il committente ha fatto ricorso o è stato assoggettato a uno degli istituti di regolazione disciplinati dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza;
  • la procedura esecutiva individuale nei confronti del committente è risultata infruttuosa;
  • il diritto alla riscossione del credito si è prescritto;
  • nel caso in cui le spese stesse non siano rimborsate dal committente entro un anno dalla loro fatturazione, se l’ammontare del compenso e delle spese, complessivamente considerati, è inferiore a 2.500 euro.

Attenzione – la novità non coinvolge:

  • il profilo IVA: i rimborsi spese restano imponibili IVA e non esclusi ex art. 15 del D.P.R. 633/1972, in quanto non “anticipate in nome e per conto” del committente;
  • il rimborso spese a forfait: in questa fattispecie il rimborso ricevuto continua ad essere trattato come un compenso imponibile e specularmente le spese effettivamente sostenute, per i professionisti in regime ordinario, continueranno ad essere deducibili con le regole previste per le spese di vitto e alloggio e di rappresentanza.

Novità 2025 per i Professionisti in regime forfetario

Non è chiaro se le modifiche al TUIR riguardino anche i professionisti in regime forfetario. Anzi, nella nuova norma manca uno specifico rinvio alla norma riferita ai forfettari (art. 1 comma 64 della L. 190/2014).

I rimborsi spese, anche se analitici e tracciati, continuano quindi a costituire compenso per i contribuenti forfettari; quantomeno fino ad eventuali successive modifiche normative.

Novità per le imprese committenti

Dal 1° gennaio 2025 ci sono novità in tema di rimborsi spese che coinvolgono anche le imprese committenti.

Ai sensi del modificato art 95 del TUIR, le spese di vitto e alloggio e quelle per viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea nonché i rimborsi analitici relativi alle medesime spese, sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti a lavoratori autonomi, sono infatti deducibili dal reddito solo se i pagamenti sono eseguiti con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento “tracciati” (quelli previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

Suggerimento

Per semplificare il rapporto tra il professionista e i committenti potrebbe essere utile indicare in fattura “spese sostenute con strumenti di pagamento tracciabili”, allegando poi la copia dei giustificativi che dovranno includere:

  • copia del documento commerciale
  • copia dello scontrino del POS o del pagamento elettronico effettuato

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